B Corporation italiane: trasparenza, sostenibilità e inclusione

L’attenzione a temi ambientali e sociali al giorno d’oggi rappresenta un punto focale del discorso politico e economico. Aumentano le campagne, reali o fittizie che siano, orientate alla diversity e alle politiche ambientali.

Non in tutti i casi, però, l’attenzione ai temi caldi è solo una facciata. Molte aziende hanno, infatti, compreso che proiettarsi verso una politica più sostenibile migliora l’ambiente di lavoro, l’impatto che si ha sul mondo e anche i guadagni. Da questi presupposti nascono le B-Corporation: aziende non solo per profitto.

Cosa sono le B-Corporation?

Con il termine B-Corporation si identificano tutte quelle aziende che adottano un nuovo modello di impresa che potremmo definire a duplice finalità. Queste aziende, infatti, presenti in più di 70 paesi e in 150 settori, si impegnano in un più evoluto paradigma di business che prevede il mantenimento di determinati standard, come la trasparenza e la responsabilità, nel rispetto di tutti gli stakeholders.

Non si tratta, dobbiamo specificare, di aziende non-profit, ma di realtà che, nell’ottica della duplice finalità, fanno del profitto solo uno degli aspetti che le caratterizza. L’altro, ugualmente importante, è l’impegno nel massimizzare l’impatto positivo verso l’ambiente e la comunità aziendale.

In Italia, la legge di stabilità del 2016 ha introdotto la Società Benefit come equivalente della B-Corporation. Si tratta di un vero e proprio stato giuridico che le aziende acquisiscono; differente dalla semplice certificazione B Corp, rilasciata dall’ente B Lab.

Tutte le aziende possono ricevere la certificazione che, però, si mantiene solo con il passaggio a Società Benefit. Ad oggi, nel nostro paese si contano più di 100 aziende certificate e circa 500 Società Benefit. Tra queste troviamo Aboca, Danone, Mellin, Treedom e molte altre.

B-Corporation: i requisiti

Ottenere la certificazione B Lab è il primo e fondamentale passaggio di questo processo. Per farlo è necessario misurare il risultati che l’azienda sta ottenendo nell’ambito di performance di sostenibilità ambientale e sociale.

A disposizione delle aziende c’è un sistema gratuito, ovvero, il B Impact Assessment. Si tratta di un test in grado di misurare la performance aziendale; per l’ottenimento della certificazione è necessario ottenere un punteggio minimo di 80 su 200.

Le aziende che non superano il test hanno la possibilità di impegnarsi a modificare la loro policy per essere certificati in seguito. A questo punto l’azienda per divenire una B Corp a tutti gli effetti deve firmare la Dichiarazione di Interdipendenza, un documento che segna l’atto di presa di coscienza dell’interconessione che passa tra il comportamento dell’azienda e l’effetto che questo ha su scala globale.

Un impegno che la società si assume nei confronti dei lavoratori, dei clienti, dei soci e dell’ambiente.

B-Corporation e sostenibilità

Certo è possibile che alcune aziende si avvicinino a questo tipo di riforma interna per interesse. L’etichetta di B-Corporation, seppur non assicuri alcun vantaggio immediato o sgravio fiscale, può rappresentare un’ottima strategia di comunicazione per l’azienda, permettendo di intessere contatti e, quindi, un ritorno di profitto non indifferente.

La questione greenwashing rimane problematica, anche se lo statuto di Società Benefit prevede forme di controllo serrate; la trasparenza e la verificabilità sono sancite dal regolamento dell’ente che eroga la certificazione.

Con tutta probabilità, quindi, ci troviamo dinanzi a una nuova tendenza non solo economica, ma anche e soprattutto culturale. La tripla crisi finanziaria, ambientale e sanitaria che ci ha colpiti nell’ultimo decennio non poteva non incidere sul campo economico. Questo cambio di rotta passa dalla convinzione che non si possa più agire indisturbati scaricando su governi e associazioni il peso dell’inquinamento industriale. L’azione di modifica deve partire dalla base.

B-Corporation e parità di genere

Che questo nuovo modello d’impresa possa rappresentare la via per la risoluzione delle discriminazioni sul piano aziendale e il gender pay gap?

Nelle aziende Benefit o che scelgono di essere certificate B-Corporation si procede anche a una misurazione dell’impatto che la diversity ha sulle politiche aziendali. Questo potrebbe essere molto utile soprattutto in Italia dove, al contrario di paesi come Belgio o Islanda e e Regno Unito, praticamente nessuna legge tutela la trasparenza e permette di conoscere, a parità di mansione, la retribuzione di uomini e donne in azienda.

Dall’idea del B-Corporation prende avvio, in questo senso, un altro movimento internazionale. Si tratta di B-Women, fondato dall’avvocata argentina Laura Giadorou Koch. Diffuso già in tutto il mondo, il movimento è stato inaugurato lo scorso anno anche in Italia sotto la supervisione di Anna Cogo, Caterina Dentoni Litta e Giulia Detomati.

L’idea che sta dietro al progetto è creare una rete internazionale di donne in grado di promuovere, con azioni concrete, un nuovo modello economico, attento all’equità di genere e all’emergenza climatica. In perfetta linea con la policy delle B-Corporation.

Articolo da Roba da Donne 

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