L’Australia che brucia – Causa ed effetti di un disastro annunciato

Incendi in Australia

Le immagini degli incendi e della devastazione in Australia stanno facendo – ormai da mesi – il giro del mondo. Quello che in queste ore sta devastando il continente australiano è un disastro che non conosce precedenti: gli incendi hanno percorso da ottobre a oggi circa 8 milioni di ettari di territorio tra New South Wales, Victoria, Sud Australia e Queensland – una superficie doppia a quella degli incendi del 2019 in Siberia e in Amazzonia. Sono invece 25 le vittime accertate, circa 500 milioni gli animali uccisi, oltre 1.700 le abitazioni devastate dalle fiamme, 100mila gli evacuati in tre Stati. Scenari di guerra hanno preso piede nella costa sud-orientale viste le recenti evacuazioni di massa, il coinvolgimento dei militari e le richieste di aiuto da parte delle autorità locali ai paesi vicini.

Ma come è stato possibile raggiungere un tale livello di devastazione? Quali sono state le cause che hanno – in primo luogo – permesso la nascita e la diffusione dei roghi? Inoltre, come ha influito sulla nascita e lo sviluppo degli stessi il surriscaldamento globale?

Per ricercare le cause di questa tragedia dobbiamo partire con l’analizzare l’andamento climatico di questo continente negli ultimi anni. Un’ondata di calore terrestre ha fatto infatti registrare nel paese temperature record nel 2019: l’anno passato è stato in Australia l’anno più caldo e più secco mai registrato dagli inizi del 1900. Le temperature medie sono state 1.5 gradi più alte rispetto alla media, con punte di 49 °C; inoltre, è mancato oltre un terzo della pioggia che solitamente cade sul continente e la siccità che si protrae dal 2018 è aumentata di intensità e portata.

Secondo lo scienziato forestale Giorgio Vacchiano, dell’Università degli Studi di Milano, questo straordinario fenomeno di siccità ha avuto origine da una combinazione molto rara di diversi fattori ambientali. In primo luogo, si è verificato con una intensità senza precedenti un particolare fenomeno meteorologico, il Dipolo dell’Oceano Indiano (IOD), una condizione specifica che si manifesta portando aria umida sulle coste Africane e aria secca su quelle Australiane: molti studi hanno dimostrato quanto l’innalzamento della temperatura aumenti la frequenza di questi eventi naturali (https://www.nature.com/articles/nature13327.epdf). A tutto questo si è aggiunto, a settembre del 2019, un fenomeno di riscaldamento improvviso della stratosfera (oltre 40 gradi di aumento) nella zona Antartica, anch’esso estremamente raro, per cause “naturali”, che ha causato la produzione di un ulteriore passaggio di aria calda e secca sul continente.

Il terzo fenomeno da prendere in considerazione è stato uno spostamento verso nord dei venti occidentali, i venti che soffiano costantemente da ovest a est tra 30 e 60 gradi di latitudine sui mari dei due emisferi terrestri. Lo spostamento verso nord degli Southern Annular Mode trasporta aria secca e calda sull’Australia, e sembra essere potenziato sia dal cambiamento climatico che dal buco dell’ozonosfera (https://www.nature.com/articles/ngeo1296).

Per riassumere, l’emergenza climatica ha avuto un impatto cruciale nella nascita e sviluppo di questi roghi, sia tramite un’azione diretta, con l’aumento della temperatura dell’aria Australiana di circa 1 grado, sia tramite azioni indirette attraverso le sue influenze sui grandi fenomeni e strutture meteorologiche dell’emisfero sud. Da non sottovalutare è anche l’impatto che gli incendi rischiano di avere a loro volta sulla grave crisi climatica a livello globale: si stima infatti che il taglio e l’incendio delle foreste sia responsabile di almeno il 15% delle emissioni di gas serra ogni anno. Secondo la rivista Scientific American, “Secondo la maggior parte delle fonti, la deforestazione introduce nell’atmosfera più CO2 della somma totale di macchine e camion in circolazione sulle strade”.

In aggiunta alle tematiche legate al surriscaldamento globale, e all’azione indiretta del climate change sulle strutture meteorologiche, molte critiche si sono focalizzate sulle attività del governo e delle politiche dell’Australia, troppo flebili a detta degli esperti sulle strategie implementate per rispettare gli Accordi di Parigi, ossia di ridurre le emissioni del 28% entro il 2030. Il governo australiano inoltre è stato, insieme all’America di Trump, uno dei principali responsabili del fallimento della COP25 di Madrid, che doveva concordare un metodo per la misurazione della riduzione nelle emissioni di CO2. Questo perché l’economia australiana si basa sull’estrazione ed esportazione del carbone, uno di quei combustibili fossili il cui utilizzo provoca proprio il riscaldamento terrestre che gli Accordi di Parigi cercano di limitare nei prossimi anni. Tuttavia, le politiche energetiche degli altri Strati nazionali sono profondamente connesse a questa crisi ambientale. Lo sviluppo dei roghi è infatti responsabilità di tutte quelle attività antropiche globali che stanno contribuendo ad aumentare la concentrazione di gas a effetto serra (come l’anidride carbonica, il metano, l’esafluoruro di zolfo) nell’atmosfera, e che quindi stanno causando un aumento della temperatura terrestre e marina. Le attività che più contribuiscono a questo fenomeno sono la produzione e il consumo di energia, il riscaldamento e raffreddamento domestico, i trasporti, l’agricoltura e allevamento intensivo e la deforestazione – tutte cose di cui siamo – tutti – direttamente responsabili, ogni giorno.

Per concludere, il disastro a cui stiamo assistendo in Australia non è altro che uno dei tanti fenomeni drammatici che potremo trovarci ad affrontare nei prossimi anni, con frequenza, modalità ed intensità estremamente variabili. I cambiamenti climatici rappresentano la più grande crisi che l’umanità si sia mai trovata davanti, e richiede una serie di straordinarie – ma non impossibili – strategie da attuare a livello individuale e collettivo per contrastarla. Le modifiche profonde dei nostri comportamenti quotidiani, dalle modalità di trasporto e le scelte di consumo alle scelte alimentari, sono il punto di partenza. Dobbiamo sforzarci di vedere l’impronta dell’emergenza climatica, la più grande crisi del nostro tempo, sui nostri comportamenti quotidiani – prima che sia troppo tardi per invertire la rotta.

Per approfondire:

Sintesi sul New York Times – https://www.nytimes.com/2020/…/01/world/australia/fires.html

Riscaldamento globale e IOD: https://www.nature.com/articles/nature13327.epdf

Politiche climatiche in Australia: https://www.bbc.com/news/world-australia-50869565

Relazione tra i cambiamenti climatici e i fenomeni naturali estremi – https://www.theguardian.com/commentisfree/2020/jan/02/australia-your-country-is-burning-dangerous-climate-change-is-here-with-you-now

Una panoramica sui fattori e gli impatti dell’emergenza climatica – Jonathan Safran Foer “Possiamo salvare il mondo prima di cena”.

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