Di migranti, sbarchi, flussi migratori e rifugiati si parla continuamente, e il più delle volte con un’attenzione mediatica spasmodica. Eppure, c’è una storia che viene poco citata, poco conosciuta e quindi mal considerata: è la storia dei “migranti climatici”, che stanno aumentando rapidamente nel mondo, con conseguenze giuridiche e sociali particolarmente complesse da affrontare dalla comunità internazionale.
Francesca Santolini, nel libro “Profughi del Clima”, analizza il fatto che nel 2015 “guerre, violenze, e disastri naturali hanno prodotto circa 27,8 milioni di sfollati interni nel mondo, e di questi, 19,2 milioni per calamità naturali”. Come mai ci sono larghe fette della popolazione mondiale che sono costrette a muoversi, a cercare nuove terre, a emigrare? Quali sono le cause climatiche e ambientali che provocano questi flussi? Che conseguenze potrebbero avere nell’equilibrio del nostro continente e della governance internazionale?
Partiamo dalle cause. Le cause concrete che già portano queste persone a lasciare le proprie case e le proprie terre di origine sono molteplici. Ormai molti studi confermano che uno degli effetti del surriscaldamento globale sia l’aumento di eventi meteorologici estremi, e negli ultimi anni, questi eventi si sono manifestati con frequenza sempre maggiore, provocando una tale devastazione da portare milioni di persone a cercare salvezza altrove. Negli ultimi anni, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato l’allarme a più di 60 milioni di persone minacciate dall’aumento della temperatura: questo fenomeno ha causato un forte periodo di siccità nel Corno d’Africa, aggravando le condizioni di vita di milioni di persone. Nel 2015, in Sud America invece, forti alluvioni ed esondazioni hanno costretto centinaia di migliaia di persone a spostarsi, mentre in Cambogia e Thailandia si verificavano le più gravi inondazioni nella loro storia: Bangkok ha registrato quell’anno l’80% in più di pioggia rispetto alle medie stagionali, registrando quindi una perdita di circa il 25% del raccolto del riso. In generale, secondo l’ONU questo tipo di fenomeni ha portato vittime, carestie e devastazioni tra le zone più povere della terra, meno preparate ad affrontare questi eventi climatici estremi.
E non è tutto. Si ritiene che entro il 2099 la temperatura media globale si sarà alzata tra gli 1,8 e i 4 °C rispetto ai livelli pre-industriali, un fenomeno che secondo gli esperti avrà conseguenze devastanti sul nostro pianeta. Aumenteranno le aree soggette a forti periodi di siccità estremi, mentre l’intensità, la portata e la frequenza delle piogge varierà profondamente, fenomeno che, unito al cambiamento nella composizione del suolo, provocherà alluvioni sempre più devastanti.
Inoltre, risulta cruciale affrontare il fenomeno dello scioglimento dei ghiacciai che sta innalzando il livello delle acque del pianeta. Si stima che il livello dei mari aumenterà tra gli 8 e i 13 centimetri entro il 2030 e tra i 17 e i 20 centimetri entro il 2050, a seconda dei modelli matematici usati per le previsioni. Questo avrà impatti potenzialmente enormi per le comunità che vivono vicino ai fiumi e in generale nelle zone costiere, soprattutto sulle isole più piccole e più isolate. L’innalzamento del livello dei mari poi comporta anche una sempre maggiore salinizzazione del suolo, un fenomeno che ha gravi conseguenze sul settore agricolo e quindi sulla sicurezza alimentare.
Gli esempi più chiari sono nelle isole del Pacifico. Il livello del mare sta aumentando ad un ritmo di 12 millimetri all’anno nel Pacifico occidentale e ha già sommerso otto isole. Altre due stanno per scomparire, scatenando un’ondata migratoria verso i paesi più grandi. Entro il 2100, si stima che complessivamente 48 isole andranno perse a causa dell’innalzamento del livello del mare. Inoltre, anche il sud e l’est Asiatico saranno fortemente colpiti dalle conseguenze ambientali del surriscaldamento globale, considerando che sei delle dieci metropoli asiatiche più importanti si trovano proprio sul mare: Giacarta, Shanghai, Tokyo, Manila, Bangkok e Mumbai.
In conclusione, secondo uno studio della Banca Mondiale, le conseguenze dell’emergenza climatica causeranno nelle tre regioni più densamente popolate al mondo il movimento di circa 143 milioni di persone. Saranno infatti le persone più povere del mondo, che già vivono in ambienti poco sviluppati in condizioni precarie, a essere colpite più duramente. Gli eventi climatici estremi saranno devastanti per coloro che vivono su terreni marginali o in città e campagne soggette a siccità o inondazioni, portando a un numero enorme di persone che si sposteranno verso altre regioni o paesi.
A questo punto è chiaro come siano profondamente necessari degli investimenti da parte della comunità internazionale a medio termine per creare maggior resilienza agli effetti dei cambiamenti climatici, soprattutto in quei paesi ancora impreparati ad affrontare una sfida simile. Ad esempio, le cause che spingono i flussi migratori nell’Africa nord-occidentale potrebbero – almeno in parte – essere affrontati promuovendo le infrastrutture di irrigazione, fornendo forniture alimentari, sostenendo la cooperazione regionale in materia di risorse idriche. Il problema è complesso e le soluzioni non sono semplici, ma fino a quando non si affronterà la tematica a livello istituzionale e non si modificherà anche il modo, l’atteggiamento e il linguaggio utilizzato dai media nell’analizzare questo fenomeno, saremo completamente impreparati ad affrontare una delle sfide più importanti – e senza precedenti – del nostro tempo.
BIBLIOGRAFIA
1) Francesca Santolini, (2019). Profughi del clima. Chi sono, da dove vengono, dove andranno.
2) “How Climate Change Can Fuel Wars.” The Economist. May 23, 2019. https://www.economist.com/international/2019/05/25/how-climate-change-can-fuel-wars
3) McAdam J. and Limon M., Human rights, Climate change and cross-border displacement: the role of the international human rights community in contributing to effective and just solutions, Universal Rights Group, Policy Report, 20154) “Le persone migreranno a causa del clima”, il Post. 2019 https://www.ilpost.it/2019/09/21/migranti-climatici/
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