Le immagini degli incendi e della devastazione in Australia stanno facendo – ormai da mesi – il giro del mondo. Quello che in queste ore sta devastando il continente australiano è un disastro che non conosce precedenti: gli incendi hanno percorso da ottobre a oggi circa 8 milioni di ettari di territorio tra New South Wales, Victoria, Sud Australia e Queensland – una superficie doppia a quella degli incendi del 2019 in Siberia e in Amazzonia. Sono invece 25 le vittime accertate, circa 500 milioni gli animali uccisi, oltre 1.700 le abitazioni devastate dalle fiamme, 100mila gli evacuati in tre Stati. Scenari di guerra hanno preso piede nella costa sud-orientale viste le recenti evacuazioni di massa, il coinvolgimento dei militari e le richieste di aiuto da parte delle autorità locali ai paesi vicini.
Ma come è stato possibile raggiungere un tale livello di devastazione? Inoltre, come ha influito il surriscaldamento globale sulla nascita e lo sviluppo di questi fenomeni?
Innanzitutto, per ricercare le cause di questa tragedia dobbiamo partire con l’analizzare
l’andamento climatico di questo continente negli ultimi anni. Un’ondata di calore terrestre e marina ha fatto infatti registrare nel Paese temperature record a dicembre del 2019: l’anno passato è stato in Australia l’anno più caldo e più secco mai registrato dagli inizi del 1900. Le temperature medie sono state 1.5 gradi più alte rispetto alla media 1961-1990, con 42 °C di media nazionale e con punte di 49 °C, è mancato oltre un terzo della pioggia che solitamente cade sul continente e la siccità che si protrae dal 2018 è aumentata di intensità e portata. Per capirci, l’emergenza climatica ha avuto un impatto cruciale nella nascita e sviluppo di questi roghi, sia tramite un’azione diretta (la temperatura dell’aria Australiana è aumentata mediamente di almeno un grado nell’ultimo secolo) sia tramite azioni indirette tramite le sue influenze sui grandi fenomeni meteorologici dell’emisfero sud.
A questo punto, considerando l’entità del fenomeno e la potenziale devastazione a cui
potrebbe portare il surriscaldamento globale e l’emergenza climatica che stiamo vivendo
oggi, risulta fondamentale modificare le modalità di consumo e trasformare i bisogni delle
nuove generazioni, in modo da renderli partecipi e più consapevoli degli impatti che le loro
scelte di consumo, modalità di trasporto e abitudini alimentari hanno sul nostro pianeta. Ma
come affrontare la tematica tra i banchi di scuola? Come rendere interessante e
appassionante l’argomento che più influenzerà la vita e il futuro dei ragazzi di oggi?
Innanzitutto, mentre la quantità di informazioni scientifiche, sociali ed economiche sui
cambiamenti climatici possono spesso rappresentare una sfida per gli insegnanti ed
educatori, questo può anche essere considerato uno dei grandi punti di forza
dell’argomento. Il fatto che l’emergenza climatica e gli impatti delle attività dell’uomo
possano essere constatate a livello locale, regionale e internazionale, offre agli studenti
l’opportunità di sviluppare profonde capacità di critical thinking e di acquisire competenze
di sintesi e di comprensione anche di informazioni con dati più complicati e complessi da
gestire e catalogare.
Sebbene questo tipo di educazione interdisciplinare richieda più lavoro, è un’occasione
unica di arricchimento per la classe per essere adeguatamente preparati ad affrontare
tematiche, problemi e discussioni che si riproporranno al di fuori del percorso scolastico. I
ragazzi, abituati ad un approccio interdisciplinare e a saper leggere ed analizzare diversi tipi
di dati scientifici, riconoscendo le fonti affidabili, di business o policy, hanno così
l’opportunità di interpretare e ragionare sui fenomeni di attualità e di trarre le proprie
conclusioni. Se gli studenti, una volta lasciata la scuola, devono imparare ad affrontare i
problemi frontalmente, non possono farlo senza capire come utilizzare le informazioni,
costruirsi un’opinione e bilanciare punti di vista – spesso – opposti.
Infine, le scuole non solo hanno interesse a insegnare materie che prepareranno gli
studenti alle loro carriere professionali, ma hanno anche il compito di insegnare loro a
essere cittadini consapevoli. Offrire un’educazione sull’emergenza climatica e su tutte
quelle strategie e soluzioni messe in campo dal punto di vista politico ed economico,
significa parlare, sì, di gestione ambientale, ma anche responsabilità civica e collettiva – insegnare cioè agli studenti che loro e tutti quelli che li circondano hanno una
responsabilità e un ruolo chiave verso qualcosa di più grande di loro.
Per concludere quindi, il disastro a cui stiamo assistendo in Australia non è altro che uno dei tanti fenomeni drammatici che potremo trovarci ad affrontare nei prossimi anni, con frequenza, modalità ed intensità estremamente variabili. I cambiamenti climatici rappresentano la più grande crisi a cui l’umanità si sia mai trovata davanti, e richiede una serie di straordinarie strategie da attuare a livello individuale e collettivo per contrastarla. L’educazione e il ruolo che la scuola ha nella vita dei ragazzi di oggi rappresentano un’opportunità unica per ingaggiare le nuove generazione ad effettuare quel cambiamento necessario per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità prefissati dagli Accordi di Parigi e dall’Agenda 2030. Dobbiamo sforzarci di vedere l’impronta dell’emergenza climatica, la più grande crisi del nostro tempo, sui nostri comportamenti quotidiani -prima che sia troppo tardi.
Per approfondire:
Sintesi sul New York Times – https://www.nytimes.com/2020/…/01/world/australia/fires.html
L’educazione ai Cambiamenti Climatici, UNESCO – https://en.unesco.org/themes/education-
sustainable-development/cce
Per corsi sull’argomento, UNFCCC – https://unccelearn.org/
Relazione tra i cambiamenti climatici e i fenomeni naturali estremi –
https://www.theguardian.com/commentisfree/2020/jan/02/australia-your-country-is-burning-dangerous-climate-change-is-here-with-you-now
Una panoramica sui fattori e gli impatti dell’emergenza climatica – Jonathan Safran Foer
“Possiamo salvare il mondo prima di cena”.
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